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Archivi tag: Marco Vitiello

7 Giu 2018

Come sarà il lavoro nel 2030? Relazionarsi con gli altri sarà più difficile?
Le persone useranno Internet con più consapevolezza? O saranno manipolate dai Social Network?

L’8 e il 9 giugno si terrà il Festival Psicologia 2018, organizzato dall’Ordine degli Psicologi del Lazio, con il titolo “2030 – Viaggio nel futuro”

I relatori coinvolti scioglieranno alcuni di questi dubbi attraverso due giornate ricche di eventi e dibattiti. 

Il nostro Marco Vitiello e la collega Luigia Cusano, entrambi componenti del GdL Psicologia del Lavoro, parteciperanno all’evento con il tema “Le competenze nel lavoro del futuro”, venerdì 8 giugno dalle 16:00 alle 17:00, presso il Teatro India.

L’intervento si concentrerà sulle difficoltà legate alla ricerca di un lavoro dignitoso che permetta a ognuno uno sviluppo personale e professionale adeguato. Mettere al centro il fattore umano è fondamentale per le imprese, al fine di vedere il lavoro come una reale opportunità per valorizzare il singolo individuo.

L’ingresso all’evento è completamente gratuito.

31 Mag 2018

L'evento "Crescere sostenibili e in salute" intende individuare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile proposti dall’Agenda dell’ONU 2030 (Sustainable development goals – SDGs), all'interno del dibattito sugli scenari futuri dei sistemi sanitari.

L’intera giornata sarà dedicata alle tematiche riguardanti la salute e il benessere, grazie alla partecipazione di studiosi ed esperti del settore, Per Saperne Di Più

23 Mar 2018

Giovedì 22 marzo hanno incrociato le braccia i dipendenti degli uffici dell’Anagrafico di Roma. Per la prima volta un ufficio pubblico ha scioperato per rivendicare una tutela della salute sul versante psicologico.

L’articolo del nostro Marco Vitiello, per Il Fatto Quotidiano, spiega come alcuni lavoratori siano esposti più di altri al malessere lavorativo, come nel caso dei dipendenti dell’Anagrafico che lavorano, ogni giorno, a stretto contatto con il pubblico.

Per Saperne Di Più

2 Mar 2018
24 Nov 2017

Cosa spinge le persone a comprare
anche senza un bisogno reale?

Il nostro Marco Vitiello, intervistato da Wired, spiega come spesso i sentimenti di rivalsa, di competizione e il bisogno di fare gruppo sono una spiegazione agli acquisti compulsivi e impulsivi dei consumatori.

Offerte. Offerte. Offerte. Un mantra che, a meno che non vi troviate in ritiro su Marte, si ripete da giorni. Come d’abitudine quando si avvicina il Black Friday, l’inizio delle tradizionali spese natalizie Oltreoceano, ma da qualche tempo una consuetudine anche nostrana, all’indomani del Giorno del ringraziamento. Una consuetudine che, non di rado, si concretizza in file lunghissime, acquisti compulsivi e maratone davanti al computer. Soprattutto virtuali, anche alla luce degli ultimi dati diffusi in materia, che mostrano le vendite e le intenzioni di acquisto durante il Black Friday nei negozi in picchiata, e gli acquisti online in opposta tendenza. Secondo alcuni, come anticipavamo, le corse e la smania da Black Friday e relativo Cyber Monday potrebbero scemare negli anni a venire, complici certo anche iniziate competitor. Ma che l’immagine delle code davanti al cento commerciale o negozio venga sostituita con quella delle alzatacce davanti al pc, vien da chiedersi, cos’è che in occasioni così spinge i consumatori a comprare, spesso anche senza un reale bisogno? Cosa accade da un punto di vista psicologico e come è possibile spiegare le sgomitate, le corse lungo le corsie dei centri commerciali all’ultimo prodotto?

Negli anni sono diversi gli psicologi che si sono interrogati sul tema e hanno abbozzato alcune possibili risposte, chiamando in causa concetti diversi per tentare di dare spiegazioni.

Da quello di riconoscimento identitario nell’atto dell’acquisto, alla competizione, al sentimento di rivalsa, di partecipazione e appartenenza– aderendo a iniziative come queste – a un gruppo.

Noi ne abbiamo parlato con Marco Vitiello, coordinatore del gruppo tecnico di Psicologia del lavoro dell’Ordine degli psicologi del Lazio.

Posso anche io

Se tradizionalmente i brand cercano di giocare sul livello di bisogno degli utenti in un piano funzionale, legato al concetto di utilità – che comunque chiama in causa il anche quelli di status symbol e il riconoscimento identitario – nel caso di sconti e promozioni eccezionali questo modello cambia, racconta Vitiello: “In questo caso il marketing, perché di questo si tratta, agisce su un livello di bisogno non legato a un prodotto, ma stimola un sentimento di rivalsa rispetto a una percezione di non equità nei confronti di marche o prodotti di un certo tipo”.

Le promozioni, specie quelle in momenti di crisi, di difficoltà lavorative, funzionano, secondo lo psicologo come delle leve, veicolando il concetto di occasione, accompagnato dall’idea “posso permettermelo anche io adesso”, “posso accaparrarmi questo finalmente al prezzo giusto”. “Tendenzialmente, ma non in senso assoluto, chi si trova in condizioni più svantaggiate percepisce di più questo momento, come l’occasione per permettersi qualcosa che altrimenti non potrebbe, per avere accesso a qualcosa in altri momenti preclusa”, puntualizza Vitiello.

Faccio gruppo

Strettamente correlato al concetto di occasione, all’idea dell’”anch’io posso”, è il concetto di partecipazione che si scatena in momenti di grandi offerte. “Eventi come il Back Friday stimolano la necessità di far parte di un movimento, e il concetto di socialità attecchisce molto, specie tra le generazioni più giovani – va avanti Vitiello – contribuendo a sentirsi alla moda”.

C’è però poi almeno anche un altro fattore, vicino a questo. Secondo Kit Yarrow, specialista in psicologia dei consumi della Golden Gate Univeristy, chi decide di mettersi in fila fuori da un negozio o un centro commerciale in occasione del Black Friday non lo fa sempre con l’idea di fare affari né puramente secondo l’idea di fare gruppo. In gioco entrano anche altri aspetti, che mescolano le tradizioni, l’idea di famiglia e il piacere di stareinsieme“Le persone fanno acquisti perché è quello che hanno sempre fatto. C’è un forte elemento legato alla tradizione”, ha spiegato su Popular Science Yarrow, “Alcune persone hanno veramente fatto questo ogni anno da quando erano piccole… A volte lo shopping è l’unica cosa su cui andare d’accordo. È qualcosa che tutti possono fare”. In teoria.

Voglio vincere

Le dinamiche del Black Friday, ma anche del Cyber Monday o del Prime Dayhanno in comune il fatto che si consumano in periodi di tempo limitato. Ma non solo. Sono molto spesso legati anche al concetto di scarsità“Quando gli essere umani devono soddisfare un bisogno, qualsiasi esso sia, vanno in competizione con la massa, e il marketing lo sa benissimo”, riprende Vitiello. Il concetto di scarsità è un principio persuasivo importante sulle persone, come quello legato a disponibilità ridotta di tempo, che insieme possono inasprire il meccanismo di convincimento prima e poi di accaparramento. “Quando un prodotto è limitato scatta il meccanismo della competizione, per vincere ed essere protagonisti non solo della gara ma anche di quel sentimento di rivalsa di cui parlavamo”, spiega Vitiello.

Anche Bridget Nichols, professore di Marketing and Sports Business alla Northern Kentucky University, sul New York Times spiega come eventi di promozione trasformano il mondo dei consumi in una competizione in cui c’è chi vince e chi perde. Una competizione che si rinforza nel momento in cui l’evento del Black Friday – o simili – venga condiviso con amici e parenti, e che acquisisce anche il sapore del bonding, del legame dato dal fare qualcosa insieme per uno scopo. Questo atteggiamento, spiega Nichols, potrebbe anche spiegare i cattivi comportamenti, come lo scippo di merci da carrelli altrui e il contendersi di un prodotto. Che una volta acciuffato diventa così una sorta di trofeo simbolico, per dirla secondo Tomas Chamorro-Premuzic, professore di business psychology all’University College London, intervenuto su Guardian in materia di acquisti impulsivi.

Marco Vitiello
Amministratore unico di Studio Saperessere

Coordinatore GdL Psicologia del Lavoro – Ordine degli Psicologi del Lazio
Docente Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni Facoltà di Medicina e Psicologia – Professioni Sanitarie – Università “Sapienza” – Roma

10 Nov 2017

La rubrica “Le interviste, Storie di Successo” della Consulta Giovani dell‘Ordine Psicologi del Lazio, attraverso interviste a professionisti, ha lo scopo di avvicinare i giovani al mondo del lavoro, supportandoli nella progettazione della propria carriera.

Il primo professionista intervistato è il nostro Marco Vitiello.

Il prof. Marco Vitiello come molti adolescenti, sognava di diventare un calciatore ed un cantante. Pur essendosi cimentato in entrambe le carriere, non sta lavorando né sui campi da calcio né sui palchi. Ad oggi si occupa di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni: è professore a contratto, socio d’azienda e coordinatore del gruppo di lavoro dell’Ordine degli Psicologi del Lazio sulla Psicologia del Lavoro. Ad oggi è soddisfatto di ciò che è diventato senza sentire di aver tradito i propri sogni.

Perché? Ha capito che non era il microfono o il pallone a definire chi fosse ma la passione e le emozioni che viveva quando era nella squadra o davanti la platea. Si è focalizzato sulle proprie attitudini (Ponzio, 1940). Le attitudini sono terreno fertile per far accrescere le capacità, le competenze e per individuare la tipologia di lavoro più idoneo a ciascuno di noi.

Significa chiedersi:

  • Come mi comporto d’istinto nelle situazioni nuove?
  • Cosa mi riesce meglio?
  • Cosa mi piace fare?
  • Cosa mi rende soddisfatto?

Bisogna rintracciare similitudini tra esperienze che a prima vista sembrano distanti, sconnesse. Spesso si guarda al passato lavorativo come un accumulo di esperienze e alla formazione come conoscenze frammentate, mentre è più utile coglierne gli aspetti di continuità. Farsi domande e dare valore anche ai “lavoretti” permette di individuare le proprie qualità. Ad esempio il prof. Vitiello ci narra di come ha trasformato il ruolo da “ragazzo dell’acqua e del vino” in una funzione interessante.

Ponzio M. (1940). Attitudini e capacità nello studio e nel lavoro. Atti dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, vol. XXII.

19 Lug 2017

Generazione Neet. Non studia e non cerca lavoro il 20% degli under 24, Italia ultima in Europa. Solo contratti atipici agli occupati, aumenta la povertà. E si fanno figli 5 anni dopo la media Ue.

L’Italia è il paese con la percentuale più alta di Neet (not (engaged) in education, employment or training), cioè soggetti, perlopiù giovani, non impegnati nello studio, nella formazione o nel lavoro. Il nostro Marco Vitiello è stato intervistato, da Leggo, su questo fenomeno in crescita e sul futuro dei giovani italiani di oggi.

Secondo un’indagine di quest’anno, condotta dall’Esde (Employment and Social Developments in Europe) e pubblicata dalla Commissione Europea, la percentuale di Neet in Italia nel 2016 è pari al 19,9%. Un dato allarmante e distante rispetto ai numeri degli altri paese europei, dove la media dei Neet si aggira intorno all’11,5%.

Di certo la crisi economica che ha investito il nostro Paese ha portato a fenomeni come l’aumento della disoccupazione e della povertà. Tuttavia basta leggere le percentuali di Neet di altri Paesi UE in crisi (come il 15,8% della Grecia o il 14,6% della Spagna) per prendere coscienza dell’alta percentuale di giovani italiani inoccupati, la maggior parte di un’età compresa tra i 15 e i 24 anni.

Di seguito l’intervista al nostro Marco Vitiello:

Cosa si aspettano i giovani?

«Hanno paura della giungla del lavoro. Gli autonomi sono costretti ad essere autonomi ma non sono preparati, incappando spesso in problemi fiscali. Poi ci sono i Neet: non si sentono all’altezza, vanno in crisi e rischiano patologie cliniche».

Ma perché ora?

«Perché sono figli della crisi scoppiata 10 anni fa quando le famiglie, potendolo fare, hanno ovattato la realtà superando le difficoltà con le risorse che avevano. E così i giovani hanno scoperto che il futuro non è promettente come pensavano».

Che futuro per i Neet?

«Purtroppo non si muovono. I ragazzi a 20 anni si sentono eterni ma il tempo passa. Invece dobbiamo formare una classe imprenditoriale, aiutare le imprese e puntare sul capitale umano».

16 Giu 2017

L’alternanza scuola-lavoro è un’ottima occasione per gli studenti. Ma funziona davvero? Il nostro Marco Vitiello ne parla in un post pubblicato su il Fatto Quotidiano.

La misura introdotta dalla riforma della Buona Scuola, tra l’altro in forma obbligatoria, comincia a produrre i suoi risultati, purtroppo non tutti positivi. Si può azzardare qualche analisi da diversi punti di vista, ma è inevitabile inquadrare questa linea d’azione governativa innanzitutto in un ambito di specializzazione professionale “ponte” tra istruzione e politiche del lavoro: l’orientamento lavorativo.

Per Saperne Di Più

25 Mag 2017

In occasione del Festival della Psicologia: Viaggio nelle Emozioni, che si apre oggi a Roma, il nostro Marco Vitiello ci offre una riflessione sul lavoro come percorso di vita, come viaggio costante nelle strade della nostra realizzazione professionale e personale, come ricerca di nuovi equilibri emotivi e di significati. Il post è stato pubblicato sul blog di Psicologia del lavoro e delle Organizzazioni dell’ Ordine degli Psicologi del Lazio.

Il lavoro come percorso di vita, come viaggio costante nelle strade
della nostra realizzazione professionale e personale.

A chi non è capitato di fare un viaggio di lavoro? Quante persone lavorano in viaggio? Quanti ancora, e non solo nel passato, si sono messi in viaggio per cercare lavoro?

Per Saperne Di Più

28 Gen 2017

Il post di Marco Vitiello, pubblicato sul blog di Psicologia del lavoro e delle Organizzazioni dell’ Ordine degli Psicologi del Lazio, sull’importanza del linguaggio non verbale nelle interazioni umane.

La comunicazione non verbale caratterizza la maggior parte dell’interazione umana in tutti i contesti di vita, anche quelli di lavoro.

La comunicazione non verbale caratterizza la maggior parte dell’interazione umana. All’interno delle relazioni, strano a dirsi, le parole contano davvero poco rispetto a quanto esprimiamo con i gesti, la postura, l’intensità dello sguardo o il tono della voce.

Per Saperne Di Più

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