Il Comportamentismo
Il comportamentismo, o behaviorismo, nasce ufficialmente nel 1913, anno di pubblicazione dell’articolo di J.B. Watson dal titolo La psicologia così come la vede il comportamentista. Lo studioso americano si configura come l’organizzatore e il divulgatore di una serie di idee presenti già da tempo e discendenti da un lato dallo strutturalismo di scuola wundtiana e dall’altro lato dalla riflessologia russa (cfr. Legrenzi, 1980, cap. II e III).
Il comportamentismo rivoluziona il concetto stesso di psicologia come era sempre stata interpretata fino agli inizi del ventesimo secolo: la parola psicologia aveva sempre avuto il significato di “disciplina che ha per oggetto l’anima”. Con l’avvento del comportamentismo tale concezione della psicologia viene capovolta, andando a significare non più studio della coscienza, ma solo ed esclusivamente studio del comportamento osservabile.
L’oggetto psiche viene scomposto ed esplicitato nei suoi contenuti elementari quali emozione, abitudine, apprendimento, personalità, etc., ed essi vengono studiati mediante le loro manifestazioni osservabili.
L’aspirazione è fondamentalmente quella di dare una fondazione scientifica alla psicologia per farla rientrare nel gruppo delle cosiddette scienze naturali.
Pavlov: il condizionamento classico
Le teorie comportamentiste trovano uno dei loro primi fondamenti negli studi condotti agli inizi del Novecento dal fisiologo russo Ivan P. Pavlov (1849 – 1936) sull’apprendimento di reazioni, dette riflessi condizionati, a nuovi stimoli ambientali.
Il più celebre esperimento condotto da Pavlov è certamente quello sulla “secrezione psichica” del cane: l’animale veniva legato in una gabbia e, tramite dei tubi impiantati chirurgicamente nella cavità orale, ne veniva registrato il flusso salivare. Pavlov stabilì innanzitutto che il cibo fosse lo stimolo incondizionato, e la risposta di salivazione del cane la risposta incondizionata. Poi provò a far suonare alcune volte nella stanza una campana (stimolo neutro) che il cane mostrava di sentire senza che però venissero registrate variazioni nel flusso salivare.
A questo punto Pavlov iniziò ad associare al suono della campana la somministrazione di cibo all’interno della cavità orale dell’animale.
Gradualmente il flusso di saliva del cane cominciò a manifestarsi non appena si presentava il suono della campana stessa, anche in assenza del cibo. Il suono della campana era diventato, nella terminologia di Pavlov, uno stimolo condizionato e il conseguente aumento della salivazione al suono della campana era una risposta condizionata.
La teoria pavloviana, sviluppatasi grazie ad esperimenti sugli animali, fu estesa anche allo studio del comportamento umano in base all’assunto che i processi fondamentali dell’acquisizione dei riflessi condizionati fossero comuni agli animali e all’uomo.
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