La “metafora sportiva” come chiave d’accesso per conoscere alcune caratteristiche fondamentali della Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni.

Alcuni concetti fondamentali come quelli di “ruolo”, “performance” e “gruppo”, tipici del linguaggio sportivo ci aiutano in questo gioco di analogie tra il mondo dello sport e mondo del lavoro.

1. Lavorare come una squadra: il concetto di “ruolo”

Innanzitutto, a differenza di altre discipline come ad esempio la Sociologia, lo sguardo psicologico si concentra sugli aspetti umani che caratterizzano il lavoro. Per lo psicologo del lavoro è infatti fondamentale leggere la struttura di ogni singolo individuo in relazione al contesto generale in cui vive: un mondo fatto di strutture fisiche, di processi, di tecnologie, di ruoli e, soprattutto, di relazioni fra individui.

Tutti questi aspetti di “rapporto/relazione” con il contesto organizzativo, attivano una serie di vissuti che condizionano i passaggi di informazioni che sottostanno al corretto funzionamento delle attività lavorative. Proprio in questi passaggi possono esserci delle interrruzioni che generano incomprensioni, quindi conflitti, in particolare legati al ruolo che ciascun individuo ricopre in una organizzazione.

Ed ecco dunque un primo concetto condiviso con il mondo sportivo, in particolare per quanto concerne gli sport di squadra. Il “Ruolo”.

Sia nei contesti organizzativi, sia nei contesti sportivi, si parla di team o di squadra intesa come un insieme di ruoli e reparti che devono lavorare interfunzionalmente per raggiungere il risultato, per andare a (o in) goal. Per far sì che si realizzi l’interscambio è fondamentale non puntare al successo dei singoli ruoli, ma piuttosto portare tutto il team ad acquisire un approccio centrato sulla condivisione.

2. Sistemi di valutazione delle performance

Solitamente nelle aziende, per creare una vera squadra aziendale, vengono impiegati i sistemi di valutazione delle performance, ovvero sistemi di incentivazione e sistemi premianti, per far sì che le persone lavorino al meglio e siano anche soddisfatte. Questo processo di valutazione, per essere realmente efficace, deve prendere in considerazione una molteplicità di fattori. Facciamo subito un esempio per capire meglio:

Immaginate se la direzione vendite di un’azienda produttiva premiasse i suoi lavoratori solo ed esclusivamente per il raggiungimento di numeri importanti di vendite dei prodotti, trascurando il fatto che, all’interno dei servizi che propone l’organizzazione, ci sono anche i servizi di assistenza in caso di reclami. Questo potrebbe indurre i venditori a vendere “a tutti i costi” anche forniture difettose, generando una serie di reclami e richieste di assistenza cui l’organizzazione non riesce a far fronte, con un impatto in termini di costi, che, in certi casi, superano i ricavi. Sarebbe forse opportuno che la valutazione delle performance dei venditori e la successiva incentivazione, quindi l’agognato premio, siano basati e parametrati sulle vendite che non creano reclami.

È proprio in questo passaggio che si concretizza l’idea di “sentirsi una squadra”, di scambiarsi le informazioni, di condividere le criticità, la direzione, le strategie e le tattiche proposte dal management per raggiungere i risultati. Analogamente, e qui la metafora sportiva trova il suo senso più forte, su un campo di gioco di un qualsiasi sport di squadra si verifica una identica dinamica di ruoli, tattiche e “scambi” tra giocatori e soprattutto tra giocatori e coach (altro termine che ormai viene molto utilizzato nelle organizzazioni).

3. Gruppi di lavoro e squadre sportive: attenzione alle differenze!

È bene però riflettere anche sulle differenze rispetto alla metafora sportiva. Ad esempio nelle organizzazioni lavorative non c’è quasi mai la “panchina” dei giocatori di riserva e quindi bisogna concentrarsi su un concetto di efficienza, cioè sfruttare al meglio le risorse a disposizione.

Altra sostanziale differenza riguarda il concetto di tempo. Nei gruppi di lavoro il tempo è dilatato rispetto alla performance e richiede quindi un focus più accentuato sui processi (relazionali e organizzativi), mentre nei contesti sportivi la performance è costituita, quindi caratterizzata, dalla competizione stessa, che si sviluppa in un arco temporale relativamente breve (una partita, un torneo). Quest’ultima differenza rappresenta anche una buona opportunità per “sfruttare” la metafora sportiva, in quanto il team in azione è osservabile e analizzabile, in quasi tutte le sue variabili, in una unica performance.

4. Conclusioni

Alla luce di ciò possiamo ben comprendere che parlando di squadra, o di team, ci riferiamo anche a un costrutto psicologico di base molto importante, il Gruppo. Ricordiamo che tra i bisogni primari dell’essere umano rientra il bisogno di appartenenza, che si realizza nell’adesione e nell’identificazione con uno o più gruppi e che orienta e sostiene le scelte dei singoli. Parlando di “gruppi” ci riferiamo sia ai gruppi primari come la famiglia, che ai gruppi secondari come le organizzazioni, più o meno strutturate. Immaginate, infatti, il momento in cui la scuola comincia a rappresentare un altro sistema relazionale (e organizzativo di gruppo), in cui inserirsi, in cui iniziare ad affidarsi ad altri.

Chiunque di noi appartiene a più gruppi e tutte le nostre appartenenze le portiamo ogni volta nel nostro piccolo gruppo in cui agiamo in uno specifico momento, che sia la nostra famiglia, la nostra squadra o la nostra azienda. Le organizzazioni sono quindi “vitali” per l’individuo e i gruppi sportivi ci forniscono spunti di applicazione pratica al miglioramento delle relazioni, alla valorizzazione dei fattori umani più utili al funzionamento organizzativo.

Quando si parla di gruppo in azienda, ad esempio, è fondamentale riferirsi anche al processo di costruzione del gruppo (Team Building) realizzato attraverso l’impiego organizzato di variabili strutturali, impiegate comunemente anche nei contesti sportivi, quali obiettivi, ruolo, metodo, leadership, comunicazione, clima e sviluppo.

Giusto per fare un riferimento alla leadership, immaginate quanto le “funzioni guida” all’interno dei gruppi, nelle organizzazioni, ma non di meno nelle squadre, diventano fondamentali per alimentare la coesione, ma soprattutto per orientare al risultato.

Prof. Marco Cristian Vitiello – Facoltà di Medicina e Psicologia, Università La Sapienza di Roma