L’intervista di Luisa Grion a Marco Vitiello, Psicologo del Lavoro, fa parte di una più ampia inchiesta sullo smartworking pubblicata sul sito di Repubblica.

Quali sono gli effetti negativi dello smartworking?

Nelle organizzazioni si lavora quasi sempre per team, task force, per unità produttive. Lo smartworking rischia di mettere a repentaglio alcune situazioni in cui il confronto il lavoro d’equipe è fondamentale.

C’è un rischio di alienazione?

Sicuramente bisogna stare attenti a un’autoreferenzialità che si può creare dalle attività portate avanti individualmente. Mancano proprio quegli scambi quotidiani che sono quegli sguardi dei colleghi, che sono, magari l’attenzione che ci può dare un capo, un collaboratore così via. Quindi c’è la possibilità di alienarsi in una visione proprio individuale del lavoro: una sorta di negazione di quella che è la natura sociale del lavoro.

Ci sono tipologie di lavoro più esposte a questi rischi?

Il problema non sta tanto nelle  tipologie di attività ma ai ruoli che le persone rivestono all’interno di un’organizzazione. In persone che ricoprono ruoli di responsabilità può avere un senso, perché queste persone, quindi parlo anche di manager di responsabili, hanno già in senso autonomo dei rapporti da tenere in piedi.

La qualità del prodotto ne risente?

Sicuramente la qualità del prodotto ne risente se non c’è il confronto finale sul prodotto. Cito ad esempio una grande azienda multinazionale Yahoo, che ha disinvestito rispetto allo smartworking, perché si stava perdendo la qualità delle produzioni web derivante dalla vita lavorativa.

Oggi ci sono persone più disposte che in passato a starsene per conto proprio, però tornando al discorso della socialità lavorativa, queste persone se non hanno un riscontro su quello che fanno possono, rischiare appunto di perdere il senso pratico delle loro attività.

Lo smartworking conviene di più all’azienda e al lavoratore?

L’introduzione della legge di stabilità ha regolamentato meglio la situazione in Italia e questo è sicuramente, e finalmente, un vantaggio per il lavoratore. Si parla di situazioni portano più vantaggio sociale e quindi organizzativo: l’impresa disinveste sistemi di welfare, magari legati al trasporto…questo fa bene anche all’ambiente. Vedo più vantaggi socio-organizzativi, mentre il lavoratore rischia effettivamente poi di “portarsi a casa” tutte quelle sfasature di orari, di commistioni con la vita privata. Per tanto tempo si è parlato di equilibrarla con la vita lavorativa, così si rischia di perderli quei confini. Conosco persone che hanno avuto da tanti anni inquadramenti di questo tipo e mi raccontavano che, per  trovare un buon connubio, la mattina anche se rimanevano in casa a lavorare si mettevano in giacca e cravatta dentro casa.