man-1191845Le difficoltà riscontrate dai giovani nel trovare lavoro influiscono sull’attuale situazione di crisi economica. Offrire alle nuove generazioni un adeguato orientamento al lavoro può contribuire a contrastare il circolo vizioso di compressione dei mercati e aumento della disoccupazione. Proviamo a leggere il problema dell’occupazione giovanile attraverso le lenti della psicologia del lavoro.

Il Circolo Vizioso: difficoltà di occupazione e riduzione dei consumi

I recenti dati sullo sviluppo economico italiano (incremento del 3% sulla produzione industriale – fonte Ministero dello Sviluppo Economico) fanno recuperare un po’ di fiducia nella tanto auspicata “ripresa”. Tuttavia, il mercato del lavoro del nostro Paese torna in difficoltà rispetto agli altri. L’Italia è fanalino di coda nell’occupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni, con un tasso del 15,1% contro il 28% della Francia, il 43,8% della Germania, il 48,8% del Regno Unito e il 17,7% della Spagna.

L’oggettiva difficoltà riscontrata dai giovani italiani nel trovare lavoro provoca una reazione psicologica nelle famiglie, in particolar modo in quelle che possono permettersi di trasferire reddito. I genitori si trovano a dover sostenere i propri figli sostituendosi allo Stato nell’erogazione di forme di sussidio. Questo fenomeno innesca un circolo vizioso di riduzione di consumi e investimenti e, dal punto di vista macroeconomico, ciò si traduce in una riduzione della domanda e dell’occupazione. Bisogna considerare inoltre altri due aspetti dello stesso fenomeno: tra i giovani chi ha qualche soldo da parte finisce per preferire aspettare che “passi la crisi”, vista l’aria che tira; mentre chi non ha risorse proprie e rimane inattivo, finisce per attivarsi in comportamenti anti-sociali e azioni criminose (il numero dei detenuti è in continuo in aumento).

Orientamento al lavoro: un supporto al progetto di vita professionale

Serve quindi anche una reazione psicologica individuale per innescare qualche tipo di reazione occupazionale. Non che da soli si possano cambiare le cose, ma sicuramente si può contribuire a muovere un po’ le acque. È importante fare esperienze lavorative anche mentre si studia, proprio per capire meglio cosa può riservarci il futuro. Esplorare il prima possibile il mondo del lavoro per individuare le situazioni e soprattutto le relazioni lavorative più proficue per generare opportunità via via più in linea con le proprie ambizioni, passioni e attitudini professionali. Un adeguato orientamento al lavoro, inteso come supporto al progetto di vita professionale, riveste un’importanza centrale in questo percorso di approfondimento dei propri obiettivi professionali.

Ecco alcune indicazioni generali, in termini di orientamento, riferite per lo più agli scenari attuali (ogni persona ha poi una sua profilazione specifica). Per quanto riguarda la scelta dei percorsi formativi meglio studiare e formarsi in ambiti che piacciono e che valorizzino le proprie attitudini, piuttosto che indirizzarsi sugli studi che offrono più sbocchi occupazionali. Oggi più che mai è difficile individuare il settore del “lavoro sicuro”.

Le competenze richieste ai giovani dal mercato del lavoro

Inoltre, e oggi non è più scontato, meglio scegliere scuole e università con un buon valore formativo e sviluppare al meglio quelle competenze cosiddette “trasversali” affinandole nelle esperienze lavorative. Le competenze trasversali possono essere applicate in qualsiasi contesto lavorativo, quindi sono più funzionali in questo momento di instabilità lavorativa:

saper interagire, quindi comunicare, efficacemente con gli altri, per poter lavorare sinergicamente in un gruppo di lavoro, cercando di sviluppare anche la capacità di gestire e risolvere le situazioni problematiche, svolgendo il proprio ruolo come se fosse la propria impresa.

Attenzione però, sono competenze che non si apprendono solo sui libri, come già detto meglio orientarsi in sistemi formativi di buon valore, che prevedono quindi project work, esperienze pratiche guidate, tirocini e stage anche all’estero.

Prof. Marco Cristian Vitiello – Facoltà di Medicina e Psicologia, Università La Sapienza di Roma