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Kohler e la psicologia della Gestalt

Psicologia della Gestalt, psicologia della forma, “la Gestalt”, con questi termini si definiscono quel corpo di affermazioni teoriche e metodologiche che si sono sviluppate a partire dai lavori di M.Weirtheimer (1880 – 1943), W. Kohler (1886 – 1941) e K. Koffka (1887 – 1967).

Scuola gestaltista

Il tutto è più della somma delle parti”, questo il motto iniziale che compare come presupposto negli scritti di tutta la scuola gestaltista; ma questo non basta a definire le peculiarità dei teorici gestaltistici: lo stadio successivo è quello di determinare leggi non arbitrarie secondole quali gli elementi vanno a combinarsi per formare un tutto. Come principio generale appare pertanto evidente che una parte ha caratteristiche differenti se presa singolarmente o se facente parte di un tutto e che, quindi, come corollario, una stessa parte inserita in due diverse totalità può assumere caratteristiche differenti. Proprio tale
ultima affermazione è quella che sintetizza al meglio e caratterizza di più l’impostazione gestaltistica.

La psicologia della Gestalt, anche se sorta prevalentemente su materiale collegato alla percezione, è in grado di elaborare un impianto teorico che si estende all’intera gamma degli aspetti cognitivi, non limitandosi pertanto ad aspetti percettivi, cercando piuttosto di individuare queste “forme” anche negli altri ambiti della psicologia.

Gli studi di Kohler

Per ciò che concerne l’apprendimento possiamo rifarci agli studi di Kohler sulla scimmie antropoidi, studi in cui lo studioso introdusse il concetto di insight(intuire nel senso di “vedere dentro”) e con esso quello di carattere discontinuo dell’apprendimento (Kohler, 1921).
Molti degli psicologi contemporanei di Kohler, quali ad esempio Thorndike, ritenevano infatti che i processi di apprendimento si attuassero secondo un insieme di tentativi casuali. Il raggiungimento di un determinato obiettivo, ovvero l’atto di apprendere o risolvere un problema, viene ottenuto solo in seguito a reiterati e casuali tentativi che vengono corretti in seguito all’osservazione dei risultati: questo procedimento viene definito “per prove ed errori”. In tale prospettiva, tipicamente di stampo comportamentista, alla soluzione si giunge attraverso un accumulo di esperienza in grado alla fine di generare la risposta corretta per il problema presentato.

L’impostazione di Kohler è molto differente, andando ad evidenziare il ruolo, nella componente intellettiva che porta all’apprendimento, oltre che degli aspetti ripetitivi dell’intelligenza, soprattutto di quelli creativi con cui siamo in grado di cogliere i nessi chiave di una situazione.

Gli esperimenti condotti dallo psicologo con gli scimpanzé consistevano nell’osservazione del loro comportamento in una situazione problematica quale quella di raggiungere del cibo posto fuori da una gabbia e non raggiungibile senza l’ausilio di uno strumento.

Durante tali prove risultò evidente come la soluzione per prove ed errori, in cui il “pensiero” procederebbe alla cieca, viene seguita solo in fasi relativamente poco importanti ai fini dell’apprendimento. Le azioni degli animali tendevano secondo lo psicologo tedesco a una soluzione ottenuta in seguito a una strategia non casuale: riuscivano infatti ad ottenere il cibo impiegando un bastone (strumento) per avvicinarlo alla gabbia, evidenziando un atto di intelligenza tale da ristrutturare il campo cognitivo attraverso un atto di insight. Nel campo cognitivo della scimmia il bastone è infatti presente già prima che essa riesca a risolvere il problema, ma quando lo utilizza per trarre il cibo a sé il valore del bastone è mutato, risultando in quella particolare situazione l’oggetto
più funzionale per la risoluzione del problema specifico.

Il contrasto di visioni fra l’impostazione gestaltista, come indicata in Kohler, e quella di tipo comportamentista, è stata alla base della controversia sulla natura continua o discontinua dell’apprendimento umano. I gestaltisti, con la loro idea di insight, propendevano per un apprendimento subitaneo, che quindi ha caratteristiche di discontinuità. Questa impostazione ha fatto si che i gestaltisti si dedicassero soprattutto alla soluzione di problemi (problem solving) e molto meno di apprendimento in generale, campo quest’ultimo che sembra rispondere invece a un’impostazione che
preveda l’accumulo di conoscenze e quindi il ricorso a una teoria di tipo
continuo quale quella comportamentista.

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23 Febbraio 2018
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2 Febbraio 2018

a cura di Marco Coinu

Esperto di formazione finanziata (Fondi interprofessionali e Fondo Sociale Europeo), formazione obbligatoria (Sicurezza sui luoghi di lavoro D.L. 81/08, Apprendistato, Alimentaristi HACCP), soluzioni e modelli della formazione a distanza e dell’e-learning.
Iscritto all’ordine degli psicologi del Lazio al numero 100a.

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