Fino a qualche decennio fa i principi che ispiravano la formazione degli adulti erano ancora legati al paradigma pedagogico (da pedagogia, che in greco sta a significare “l’arte e la scienza di insegnare ai bambini”).
Negli ultimi decenni del Novecento l’educazione degli adulti si è definitivamente emancipata dal modello pedagogico per costituirsi modello a sé stante, conosciuto col nome di andragogia, grazie soprattutto all’importante contributo di Malcolm Knowles (nato nel 1913 – 1997), formatore americano che nel 1973 pubblicò la sua opera più importante dal titolo emblematico The Adult Learner. A Neglet Species (Knowles, 1993), in cui presentò in maniera molto approfondita la distinzione fra pedagogia e andragogia.
Proprio a partire da questo testo possiamo affermare che “il modello pedagogico attribuisce all’insegnante la piena responsabilità di prendere tutte le decisioni su quello che verrà appreso. E’ un’istruzione diretta dal docente, e che lascia al discente solo il ruolo subordinato di seguire le istruzioni dell’insegnante (Knowles, 1993, p. 74).
La dipendenza del discente dall’insegnante può essere giustificata nei primi anni di vita e sviluppo del bambino, in cui necessariamente il soggetto ha bisogno del sostegno esterno del docente, ma la sua necessità e la sua capacità d’autonomia si sviluppano rapidamente e richiedono di passare a un modello viavia differente col passare degli anni: “man mano che gli individui maturano, il loro bisogno e la loro capacità di essere autonomi, di utilizzare la loro esperienza nell’apprendimento, di riconoscere la loro disponibilità ad apprendere, e di organizzare il loro apprendimento attorno ai problemi della vita reale, cresce costantemente dall’infanzia alla preadolescenza, e poi rapidamente durante l’adolescenza. […]
Così, le ipotesi della pedagogia sono realistiche – e la pedagogia trova un’adeguata applicazione – a causa dell’alto grado di dipendenza durante il primo anno di vita, ma diventano sempre meno appropriate nel secondo, terzo, quarto, ecc. […] Di conseguenza la pedagogia è applicata sempre meno appropriatamente” (Knowles, 1993, pp. 74-75).
Col passare degli anni, diventiamo psicologicamente adulti quando arriviamo a un concetto di noi stessi come persone autonome e responsabili della propria vita; tale processo è graduale e accompagnato dalla maturazione biologica. I presupposti su cui si basano i due modelli pedagogico e andragogico sono quindi molto differenti, come mostra la seguente tabella.

Pedagogia e andragogia sembrerebbero addirittura in antitesi. In realtà Knowles distingue tra un’ideologia (quella pedagogica) e un sistema di ipotesi alternative (l’andragogia): “Mi sembra che il modello pedagogico ha assunto molte delle caratteristiche di un’ideologia, intesa come un complesso sistematico di convinzioni che richiede ai suoi aderenti lealtà e conformismo. […] Il modello andragogico non è un’ideologia; è un sistema di diverse ipotesi alternative. E questo ci porta alla differenza fondamentale tra i due modelli. Il modello pedagogico è un modello ideologico che esclude i presupposti andragogici. Il modello andragogico è un sistema di ipotesi che include le ipotesi pedagogiche” (Knowles, 1993, p. 83).
In tale ottica, vi sono circostanze formative in cui può essere opportuno utilizzare i presupposti del modello pedagogico; ad esempio quando:
– i discenti sono molto dipendenti;
– si entra in contatto con un’area contenutistica assolutamente nuova ed estranea, con cui i discenti non hanno avuto precedenti esperienze;
– i discenti non comprendono la pertinenza con i compiti o i problemi della loro vita reale;
– si ha bisogno di accumulare un certo insieme di contenuti per compiere una determinata performance;
– non si avverte il bisogno di apprendere quel contenuto;
– in sostanza quando c’è bisogno di un percorso fortemente guidato da parte di un insegnante.
Una volta però formati questi concetti fondamentali in relazione all’area di contenuto specifica, i due modelli pedagogico e andragogico procedono in due differenti maniere:
“Il pedagogo, ritenendo che le ipotesi pedagogiche siano le uniche realistiche, insisterà che i discenti rimangano dipendenti dall’insegnante, mentre l’andragogo, ritenendo che il passaggio ai presupposti andragogici sia un obiettivo desiderabile, farà tutto il possibile per aiutare i discenti ad assumersi sempre maggiori responsabilità per il loro apprendimento” (Knowles, 1993, p. 84).
Partendo da tali considerazioni, e prendendo spunto dai lavori di C. Rogers, G. Watson, C.O. Houle e A. Tough (Knowles, 1993, pp. 96-106), Knowles propone le caratteristiche dell’insegnante andragogico (presentate nella tabella seguente), che viene a configurarsi come un facilitatore d’apprendimento, in contrasto al ruolo tradizionale, tipico del modello pedagogico, di detentore unico della conoscenza.

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a cura di Marco Coinu
Esperto di formazione finanziata (Fondi Interprofessionali e Fondo Sociale Europeo), formazione obbligatoria (Sicurezza sui luoghi di lavoro D.L. 81/08, Apprendistato, HACCP), soluzioni e modelli della formazione a distanza e dell’e-learning. Iscritto all’Ordine degli Psicologi del Lazio.