Lo scorso 22 ottobre, in occasione del Convegno “Contributo della Psicologia nei processi di orientamento, inserimento e sviluppo professionale” organizzato dall’Ordine degli Psicologi Lazio, in collaborazione con l’università “La Sapienza” di Roma e con il patrocinio della SIPLO, il Gruppo di Lavoro Ordinistico di Psicologia del Lavoro ha presentato la prima fase esplorativa di una indagine condotta in merito al processo di orientamento al lavoro. Tale indagine, che nasce dall’osservazione di alcuni dati riguardanti le Piccole e Medie Imprese del Lazio e da una Systematic Review di letteratura, sia nazionale che internazionale, sulle azioni di orientamento lavorativo rivolte al personale delle PMI, intende esplorare la possibile domanda latente di servizi di orientamento da parte delle PMI del nostro territorio.

Il Dott. Marco Vitiello, Coordinatore del Gruppo di Lavoro Psicologia del Lavoro (GdL), ci illustra in questa intervista i presupposti e le finalità di questo studio.

Come nasce l’idea di questa indagine?

Abbiamo individuato un’assenza: non c’è letteratura che parli di PMI in merito all’orientamento al lavoro. Dalla Systematic Review che abbiamo condotto sulla letteratura nazionale e internazionale su PMI e servizi di orientamento è emerso che in Italia, a parte qualche sporadico caso di letteratura grigia o Case Studies riguardanti solo grandi organizzazioni, non abbiamo altri esempi di studio in merito. Da qui l’idea di indagare sulla ipotizzabile istanza di servizi di orientamento da parte delle Piccole e Medie Imprese del nostro Paese.

Perché si è deciso di indagare proprio sulle Piccole e Medie Imprese?

Le PMI rappresentano il 98% delle imprese italiane, l’83% degli occupati italiani e il 71% del valore economico italiano (tra l’altro in calo del 4% dal 2008), e perché il grado di disoccupazione giovanile è ai massimi storici, accompagnato da un alto tasso di suicidi imprenditoriali e una mancanza, in Italia, di presidio delle risorse umane nella piccola impresa.

Sono già state condotte ricerche simili in altri Paesi?

Sì, paesi come il Canada, il Giappone, la Cina, l’Inghilterra e addirittura il Kenya, hanno svolto ricerche rilevanti in merito a questo argomento. Analizzando questi dati internazionali sono emersi alcuni dati interessanti.

Per esempio?

Cominciamo dal Canada, in cui è stata condotta una ricerca sistematica nel tempo (ancora in corso), la quale ha previsto anche un periodo di training rivolto ai manager sulla gestione dei colloqui di orientamento e sulle tecniche di misurazione. Dopo circa due anni risulta aumentata la soddisfazione lavorativa dei dipendenti e dei manager dell’85% circa, quale effetto delle azioni di orientamento interno.

In Giappone (2014), invece, è stata condotta una ricerca sulla disoccupazione e la frustrazione giovanile (facendo riferimento alle teorie motivazionali e culturali di Maslow e Shein), con una esplorazione del mercato del lavoro nelle PMI. I risultati, tra le altre cose, dimostrano che le azioni di orientamento sono funzionali all’interno dell’azienda rispetto alla diagnosi preventiva di problemi relazionali.

In Inghilterra (2015) sono stati addirittura dimostrati gli impatti positivi sul tessuto socio-economico delle azioni di orientamento lavorativo all’interno delle PMI. È risultata una correlazione significativa tra orientamento, capitale umano e crescita economica e tra orientamento, aumento delle competenze e miglioramento nel mercato, dove sono emersi sensibili impatti positivi, dall’1 al 4%, rispetto alla crescita economica del paese.

Potrebbe spiegarci esattamente in cosa consiste e che finalità ha un processo di orientamento lavorativo?

Quando parliamo di orientamento lavorativo parliamo di un processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto organizzativo, sociale, culturale ed economico di riferimento, finalizzato ad attivare strategie per relazionarsi ed interagire con tali realtà.
Il suo obiettivo è favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali aderenti al contesto organizzativo e di mercato. Risulta evidente una funzione psicologica che, quindi, può servire a ideare un percorso, o ripensarne uno già realizzato, in termini di esperienze, attitudini, aspettative e progetti a breve e lungo termine della persona nei contesti lavorativi.

A quali domande avete cercato di dare risposta in questa prima fase dell’indagine?

Durante la fase esplorativa dell’indagine ci siamo fatti guidare da alcune “domande-stimolo”:

  • Le aziende svolgono il servizio di orientamento al/nel lavoro? Se sì, come?
  • Qual è il fabbisogno portato dalla PMI alla funzione psicologica all’interno del processo di orientamento al/nel lavoro?
  • Quali sono i vantaggi e i benefici delle PMI riguardo l’utilizzo della funzione psicologica all’interno del processo di orientamento al/nel lavoro?

Vi siete rivolti ad un target particolare?

Il target rappresentativo di questa fase esplorativa è caratterizzato da 24 PMI del Lazio, di settori merceologici molto diversificati (dalla società di web design, al piccolo call center, fino al piccolo distributore di prodotti alimentari) e con una media di circa 40 dipendenti a impresa.  Gli interlocutori delle PMI prescelti per la raccolta delle informazioni sono i titolari di impresa o, ove presenti, i responsabili del personale.

Quale strumento di indagine è stato utilizzato?

Per quanto riguarda lo strumento di indagine, si è fatto riferimento all’utilizzo di un’intervista semi-strutturata che indaga quattro macro aree: il ruolo funzionale dell’intervistato nella sua impresa (PMI), lo scenario riguardante il business, le politiche relative alle risorse umane e le politiche di orientamento (conoscenza, utilizzo, prospettive).

Dai risultati emersi da questa prima fase esplorativa della ricerca, spiccano per ricaduta specifica nell’area della Psicologia del Lavoro alcuni indicatori interessanti.

Di quali indicatori si tratta?

Per quanto riguarda l’area del business, innanzitutto, emerge che, per le aziende, tra le azioni prioritarie da portare avanti ci sono: al primo posto, con il 35%, gli assetti economici e finanziari, ma segue subito con il 30% l’investimento sulle risorse umane, superiore addirittura all’innovazione tecnologica, con il 25%.

In merito ai potenziali investimenti da fare sulla funzione psicologica all’interno dell’azienda emerge una preponderanza dell’investimento sulle persone con il 75% (valutazione del personale, formazione), rispetto a investimenti sull’organizzazione con il 33% (clima e consulenza organizzativa).

Per quanto riguarda invece l’Orientamento è emerso chiaramente che il 63% del campione non conosce tale processo/servizio, contro un 37% che ne è a conoscenza, ma di cui solo tre soggetti ne hanno usufruito e uno lo impiega tuttora. Inoltre, altro dato interessante, nell’ipotesi di un budget da destinare al servizio di orientamento all’interno dell’organizzazione, le aziende rispondono che lo destinerebbero per il 64% a tutto ciò che concerne le nuove mansioni e qualifiche (dipendenti che, a valutazione del responsabile, potrebbero cambiare qualifica o attività; dipendenti che vorrebbero cambiare qualifica o attività), e per il 36% a quelle che possono essere identificate come le criticità nelle quali l’azienda potrebbe incorrere (dipendenti demotivati; dipendenti che vorrebbero lasciare l’azienda).

Quali conclusioni si possono trarre da questa prima fase dell’indagine?

Da questi primi dati emerge che le PMI sono portatrici di interesse e attenzione per le risorse umane, ma a tale attenzione non corrisponde ancora un reale investimento, soprattutto per mancanza di conoscenza delle possibilità di intervento e delle possibili ricadute sul business.

Per quanto riguarda un possibile servizio di Orientamento, in principio poco noto, sembra emergere come le imprese, da un lato ne immaginino i potenziali benefici, principalmente rispetto a una dinamica di cambiamento (potremmo dire come leva di sviluppo, quindi di possibile ricaduta sulla performance, data dall’aumento di consapevolezza), dall’altro lo vedano di difficile attuazione, vuoi per mancanza di budget, ma soprattutto per l’incapacità o impossibilità organizzativa di presidio (considerato più facile nelle grandi imprese).

Il Gruppo di Lavoro sta continuando ad incontrare imprese e imprenditori per approfondire e affinare i primi dati emersi. La ricerca può far luce sulle specifiche esigenze delle PMI e sulle tipologie di intervento adottabili: non si può certo applicare quanto già si fa nelle grandi imprese.

Proprio in occasione del Convegno in cui sono stati presentati i dati, l’Ordine Psicologi Lazio ha fatto appello alle istituzioni di ricerca per approfondire con strumenti e risorse idonee queste prime evidenze, perché appare chiaro che ci possono essere leve psicologiche su alcuni processi organizzativi, come appunto l’Orientamento, che possono contribuire alla crescita e allo sviluppo delle piccole realtà imprenditoriali.  

Marco Vitiello Psicologia del lavoro
Marco Vitiello, Coordinatore del Gruppo di Lavoro Psicologia del Lavoro (GdL) presso OdP Lazio

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