Si sa, il ruolo del leader non è mai semplice, soprattutto in quest’epoca di continue rivoluzioni culturali e tecnologiche. Così, anche i leader si trovano spesso a dover cambiare il loro modo di rapportarsi ai propri collaboratori e comunicare con essi. Per quanto sia difficile, è necessario per un buon leader abbracciare questi cambiamenti e non subirli.
Tra le prime necessità a cui porre attenzione vi è quella della comunicazione con la propria organizzazione. Ma perché il focus proprio su questo?
Ogni comunicazione porta ad interfacciarsi con l’altro e il dialogo permettere l’instaurarsi di relazioni simmetriche o complementari, ovvero si definisce simmetrica una comunicazione in cui gli interlocutori si trovano sul medesimo piano relazionale (comunicazione tra pari), complementare una relazione in cui i due interlocutori si trovano su piani gerarchici con poteri differenti.
Come ben sappiamo, l’uomo è un animale sociale e nella condivisione di pensieri e idee costruisce relazioni, definendo continuamente sé stesso e il proprio ruolo in relazione a quello degli altri attorno a lui. Questo aspetto relazionale della comunicazione è ben evidente nell’ambito organizzativo, in cui i pronomi utilizzati, le forme verbali e la stessa costruzione delle frasi cambia in base alla relazione che intercorre tra chi parla. E così, se si parla ad un collega il tono diventa informale, a volte amichevole, se invece ci si rivolge ad un collaboratore, il tono diventa più autoritario e deciso.
Quindi, è sempre utile per un leader ricordare ed essere consapevole che il modo in cui comunica trasmette quello che pensa dell’altro e del suo ruolo in relazione all’interlocutore. Solo con questa consapevolezza costante può continuamente calibrare la sua comunicazione e il messaggio relazionale che ha bisogno di trasmettere.
Comunicando, portiamo in modo immaginario le nostre idee e i nostri pensieri in un contenitore comune a tutti quelli con cui ci stiamo relazionando. Questo crea un bacino collettivo e condiviso da cui tutti quelli che fanno parte della relazione possono attingere. Un buon leader ha la capacità di ripetere questo nella propria organizzazione. Puntare il dito o innalzarsi a “guru” detentore di un potere assoluto di conoscenza non permette il progresso della propria impresa. Al contrario, il sapere racchiuso in una sola persona ristagna e non porta benefici.
Non solo, accettare la comunicazione da parte dei propri collaboratori, permette al leader di connettere una molteplicità di sguardi, esperienze e conoscenze funzionale all’innovazione, alla risoluzione dei problemi e al funzionamento generale dell’organizzazione. Non a caso, negli ultimi anni, si parla costantemente di feedback. Aiutare il gruppo ad essere consapevole delle proprie risorse e dei propri limiti è uno dei compiti del buon leader che, nell’ottica della condivisione, può attingere da questo bacino comune per salvaguardare il benessere dell’organizzazione e di chi ne fa parte.
Cosa c’entrano queste 3 parole con la comunicazione? Un buon leader dovrebbe essere in grado di dimostrare queste caratteristiche anche nel modo in cui si rapporta con il suo gruppo.
Un leader positivo sa mettere in comune le proprie conoscenze e permette agli altri di ampliare la propria visione grazie all’arricchimento di informazioni. L’umiltà di un leader positivo è visibile dalla consapevolezza dei propri limiti e della necessità che ha degli altri, cosciente che essi sono una risorsa da valorizzare. La differenza e la diversità di informazioni, idee, opinioni, esperienze porta arricchimento e valore aggiunto nella visione prospettica della crescita dell’organizzazione.
Saper fare questo comporta anche coraggio da parte del leader nell’abbandonare l’idea di avere tutto esclusivamente sotto il proprio potere decisionale. Mettendo da parte i pregiudizi nei confronti dei collaboratori si può rendere conto del valore che la “differenza” apporta in un’azienda, abbracciando visioni differenti che si completano e veicolano valore aggiunto unico e ogni volta diverso. Per questo motivo è importante sviluppare un orecchio uditivo sensibile, cioè un ascolto attento anche ai segnali “deboli” che il proprio gruppo invia.
Come abbiamo accennato, la rivoluzione tecnologica e culturale avvenuta nell’ultimo periodo, ha portato notevoli cambiamenti nell’ambito lavorativo ed è quindi diventato necessario per i leader essere un punto di riferimento per i propri collaboratori anche in condizione di smartworking. Questo significa ascoltare i bisogni dei collaboratori, dare una direzione alla progettualità dell’organizzazione e continuare ad investire sull’efficienza delle attività. Tutto questo nonostante la distanza.
Ecco, quindi, i punti chiave per poter realizzare tutto questo.
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