Possiamo far risalire le origini del cognitivismo ai primi esperimenti di un giovanissimo psicologo di Cambridge, K.J.W. Craick, (1947) sul comportamento di tracking, ovvero un compito in cui un bersaglio mobile si sposta su uno schermo e al soggetto viene chiesto di tenere allineato un segnale con il bersaglio.
L’osservazione di Craick fu che l’essere umano non è capace di apportare più di una correzione ogni mezzo secondo e, di fronte a tale scoperta, lo studioso inglese fu il primo a ipotizzare nella mente umana l’esistenza di un meccanismo per l’elaborazione dell’informazione e per prendere decisioni (Craick, 1947).
Si affermava pertanto per la prima volta, in netta contrapposizione ai principi del comportamentismo, che:
a) L’uomo poteva essere concepito come un elaboratore d’informazioni;
b) L’uomo aveva un funzionamento di tipo discreto;
c) Il meccanismo decisore era unico, e, pertanto, non potevano essere eseguite più cose alla volta.
Variabili intervenienti
Molto importanti per il passaggio dal comportamentismo al cognitivismo furono inoltre gli esperimenti del psico-fisiologo canadese D.O. Hebb (1904 – 1985) che iniziarono una vera e propria rivoluzione in merito al ruolo del sistema nervoso nell’acquisizione di nuovi comportamenti. Hebb si interessò infatti di quelle che vengono definite le “variabili intervenienti”, ovvero tutti quei procedimenti mentali che si interpongono, all’interno dell’individuo, tra lo stimolo e la risposta, processi che vengono definiti di “mediazione” (Hebb, 1949).
Hebb tentò inoltre una spiegazione dei processi di mediazione interna del sistema nervoso in termini neurofisiologici, iniziando così quella tradizione tipicamente cognitivista di creare modelli di funzionamento che, di volta in volta, possono far riferimento a una diversa idealizzazione del sistema nervoso in termini ad esempio di circuiti di elaboratori o di centraline telefoniche.
Solo in un secondo momento però il movimento cognitivista pubblicò il suo manifesto ormai maturo: la data di nascita che abitualmente si addebita al cognitivismo risale, infatti, alla pubblicazione del saggio di Ulric Neisser dal titolo Cognitive Psichology del 1967.
Miller: dai limiti dell’elaborazione umana al modello T.O.T.E.
Sulla scia degli esperimenti di Craick si innestano le dimostrazioni fornite dallo psicolinguista americano G.A. Miller (1920 – 2012), in merito ai limiti del sistema umano di elaborazione dell’informazione. Per lo studioso americano, tale sistema ha un limite costituito dalla quantità di informazione massimamente elaborabile in una volta che Miller fissava in 7 “pezzi” (chunks) di informazione da elaborare all’interno di una stessa attività cognitiva.
Partendo da tali considerazioni, Miller, in collaborazione con uno psicologo matematico, E. Galanter, e un neuropsicologo, K.Pribram, tentò, in Piani e struttura del comportamento del 1960, di dare alla psicologia un’unità di analisi differente dal riflesso comportamentista.
L’unità proposta dai tre autori fu definita piano di comportamento, anche detta unità TOTE (Test-Operate-Test-Exit), consistente nelle seguenti quattro fasi:
1. Test: ogni volta che si compie un’attività, si verifica primariamente nell’ambiente se la situazione di partenza sia congruente con gli obiettivi che ci si pone;
2. Operate: poi si agisce direttamente o si operano delle modifiche nelle condizioni di partenza al fine di adeguarle ai propri obiettivi d’azione;
3. Test: dopo aver agito si riverificano le condizioni alla luce dell’azione precedente confrontandole con gli obiettivi prefissati;
4. Exit: infine se il risultato è soddisfacente si termina il processo e l’unità TOTE è conclusa, altrimenti, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi d’azione, si ritorna alla fase operate.
L’apprendimento consiste quindi per Miller nel raffinamento dell’applicazione dell’unità TOTE ai problemi sempre nuovi posti dall’ambiente, e, conseguentemente, nella costante ristrutturazione dei propri sistemi cognitivi a fronte dei problemi da affrontare.
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a cura di Marco Coinu
Esperto di formazione finanziata (Fondi interprofessionali e Fondo Sociale Europeo), formazione obbligatoria (Sicurezza sui luoghi di lavoro D.L. 81/08, Apprendistato, Alimentaristi HACCP), soluzioni e modelli della formazione a distanza e dell’e-learning.
Iscritto all’ordine degli psicologi del Lazio al numero 100a.